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Camomilla e quarantena

Bilancio della prima settimana di #quarantena, nonché dell’ottavo giorno di #smartworking e del settirdicesimilionesimo giorno di sospensione scolastica.
I giorni sono tutti drammaticamente uguali, scanditi da lavoro, compiti, pranzo, lavoro, gioco, cena.
La dispensa trabocca, il freezer esplode.
Sì, ci siamo fatti prendere dall’ansia mangereccia.
Per compensare la quale abbiamo deciso di sostituire l’alcol alla camomilla.
Scorrono litri di camomilla serale, di te’ delle cinque e di te’ verde ad ogni ora del giorno e della notte.
Davide sorseggia la tisana calmante con fare da piccolo Lord inglese, ma la sera non riusciresti ad abbatterlo nemmeno con un sonnifero da elefanti.
Il telefono vibra in continuazione: chat del lavoro, chat di classe, sottochat di classe, chat del basket, mamma, amici, chat di famiglia, continue proposte ed iniziative: ma si può sapere che vi prende? Tutti in preda ad attacchi d’arte, striscioni, musica, canti lirici sul balcone, lavoretti e applausi.
Ora capisco che sia giusto reagire all’essere fagocitati dal divano, alla solitudine, all’isolamento, alla noia, ma è ingiusto infliggere ulteriori rotture di coglioni alla difficolta del momento.
Nei momenti di ansia suggerisco la camomilla di cui sopra.
Al primo giorno di quarantena passavo il Dyson ogni giorno, mi mettevo almeno un paio di jeans e un maglione (in caso di conference call, you know, just in case…) cucinavo piatti elaborati, pulivo con costanza.
Al quinto giorno di quarantena passo dal pigiama alla tuta con l’agilità di Clark Kent nella cabina del telefono, il mio capo mi ha gia’ vista in felpa extra-large e mollettone e il livello di abbruttimento è: non levo nemmeno la tovaglia del pranzo, tanto la riutilizzo a cena.
La borsa dei trucchi giace in agonia in fondo all’armadietto in bagno, io e Lui ci contendiamo centimetri di copertina sul divano, mentre le ore su Amazon Prime si accumulano come i panni sporchi nella cesta in lavanderia.
Non so quando tutto questo finirà; sogno il momento in cui potrò di nuovo tuffarmi in mare, sentire la pelle che tira di salsedine e sole; sogno la sera in cui potrò vestirmi elegante, indossare tacchi alti e un rossetto nuovo e andare a godermi un aperitivo al tramonto con Lui, o con le mie migliori amiche.
O anche un camomilla, purché sia ai tavolini di un bar all’aperto.
Ma se c’è una cosa che mi sta insegnando questa clausura forzata, è il senso di famiglia, che avevo un po’ perduto, e che certamente resterà come cemento di un nuovo inizio.
Insieme alla camomilla e, si spera, un ottimo spritz: nuovi e vecchi riti che si mescolano nel nostro nuovo nido, fatto di quattro mura e decine di persone che ci amano e che amiamo, al tempo del coronavirus.
La camomilla è il nostro fiore della libertà.

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